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20/5/09

SU GIOIA E DOLORE

Allora una donna disse: Parlaci della Gioia e del Dolore. E lui rispose: La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera, E il pozzo da cui scaturisce il vostro riso, è stato sovente colmo di lacrime. E come può essere altrimenti ? Quanto più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potrete contenere. La coppa che contiene il vostro vino non è forse la stessa bruciata nel forno del vasaio? E il liuto che rasserena il vostro spirito non è forse lo stesso legno scavato dal coltello ? Quando siete felici, guardate nel fondo del vostro cuore e scoprirete che è proprio ciò che vi ha dato dolore a darvi ora gioia. E quando siete tristi, guardate ancora nel vostro cuore e saprete di piangere per ciò che ieri è stato il vostro godimento. Alcuni di voi dicono: "La gioia è più grande del dolore", e altri dicono: "No, è più grande il dolore". Ma io vi dico che sono inseparabili. Giungono insieme, e se l'una siede con voi alla vostra mensa, ricordate che l'altro è addormentato nel vostro letto. In verità voi siete bilance che oscillano tra il dolore e la gioia. Soltanto quando siete vuoti, siete equilibrati e saldi. Come quando il tesoriere vi solleva per pesare oro e argento, così la vostra gioia e il vostro dolore dovranno sollevarsi oppure ricadere.

SUL LAVORO

Allora un contadino disse: Parlaci del Lavoro. E lui rispose dicendo: Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e l'anima della terra. Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire dal corso della vita, che avanza in solenne e fiera sottomissione verso l'infinito. Quando lavorate siete un flauto attraverso il quale il sussurro del tempo si trasforma in musica. Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e muta quando tutte le altre cantano all'unisono ? Sempre vi è stato detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura. Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in sorte quando il sogno stesso ebbe origine. Vivendo delle vostre fatiche, voi amate in verità la vita. E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne il segreto più profondo. Ma se nella vostra pena voi dite che nascere è dolore e il peso della carne una maledizione scritta sulla fronte, allora vi rispondo : tranne il sudore della fronte niente laverà ciò che vi è stato scritto. Vi è stato detto che la vita è tenebre e nella vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato detto dagli esausti. E io vi dico che in verità la vita è tenebre fuorché quando è slancio, E ogni slancio è cieco fuorché quando è sapere, E ogni sapere è vano fuorché quando è lavoro, E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore; E quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo con voi stessi, con gli altri e con Dio. E cos'è lavorare con amore ? E' tessere un abito con i fili del cuore, come se dovesse indossarlo il vostro amato. E' costruire una casa con dedizione come se dovesse abitarla il vostro amato. E' spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia, come se dovesse goderne il frutto il vostro amato. E' diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito, E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili intorno a voi. Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno: "Chi lavora il marmo e scopre la propria anima configurata nella pietra, è più nobile di chi ara la terra. E chi afferra l'arcobaleno e lo stende sulla tela in immagine umana, è più di chi fabbrica sandali per i nostri piedi". Ma io vi dico, non nel sonno ma nel vigile e pieno mezzogiorno, il vento parla dolcemente alla quercia gigante come al più piccolo filo d'erba; E che è grande soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal proprio amore. Il lavoro è amore rivelato. E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla porta del tempio, accettare l'elemosina di chi lavora con gioia. Poiché se cuocete il pane con indifferenza, voi cuocete un pane amaro, che non potrà sfamare l'uomo del tutto. E se spremete l'uva controvoglia, la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino. E anche se cantate come angeli, ma non amate il canto, renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e della notte.

SUL MANGIARE E SUL BERE

Allora un vecchio oste disse: Parlaci del Mangiare e del Bere. E lui disse: Vorrei che poteste vivere della fragranza della terra, e che la luce vi nutrisse in libertà come una pianta. Ma poiché per mangiare uccidete, e rubate al piccolo il latte materno per estinguere la sete, sia allora il vostro un atto di adorazione. E sia la mensa un altare su cui i puri e gli innocenti della foresta e dei campi vengano sacrificati a ciò che di più puro e innocente vi è nell'uomo. Quando uccidete un animale, ditegli nel vostro cuore: "Dallo stesso potere che ti abbatte io pure sarò colpito e distrutto, Poiché la legge che ti consegna nelle mie mani consegnerà me in mani più potenti. Il tuo sangue e il mio sangue non sono che la linfa che nutre l'albero del cielo". E quando addentate una mela, ditele nel vostro cuore: "I tuoi semi vivranno nel mio corpo, E i tuoi germogli futuri sbocceranno nel mio cuore, La loro fragranza sarà il mio respiro, E insieme gioiremo in tutte le stagioni". E quando in autunno raccoglierete dalle vigne l'uva per il torchio, direte nel vostro cuore: "Io pure sarò vigna, e per il torchio sarà colto il mio frutto, E come vino nuovo sarò custodito in vasi eterni". E quando l'inverno mescete il vino, per ogni coppa intonate un canto nel vostro cuore, E fate in modo che vi sia in questo canto il ricordo dei giorni dell'autunno, della vigna e del torchio.

SUL DARE

Allora un uomo ricco disse: Parlaci del Dare. E lui rispose: Date poca cosa se date le vostre ricchezze. E' quando date voi stessi che date veramente. Che cosa sono le vostre ricchezze se non ciò che custodite e nascondete nel timore del domani ? E domani, che cosa porterà il domani al cane troppo previdente che sotterra l'osso nella sabbia senza traccia, mentre segue i pellegrini alla città santa ? E che cos'è la paura del bisogno se non bisogno esso stesso ? Non è forse sete insaziabile il terrore della sete quando il pozzo è colmo ? Vi sono quelli che danno poco del molto che possiedono, e per avere riconoscimento, e questo segreto desiderio contamina il loro dono. E vi sono quelli che danno tutto il poco che hanno. Essi hanno fede nella vita e nella sua munificenza, e la loro borsa non è mai vuota. Vi sono quelli che danno con gioia e questa è la loro ricompensa. Vi sono quelli che danno con rimpianto e questo rimpianto è il loro sacramento. E vi sono quelli che danno senza rimpianto né gioia e senza curarsi del merito. Essi sono come il mirto che laggiù nella valle effonde nell'aria la sua fragranza. Attraverso le loro mani Dio parla, e attraverso i loro occhi sorride alla terra. E' bene dare quando ci chiedono, ma meglio è comprendere e dare quando niente ci viene chiesto. Per chi è generoso, cercare il povero è gioia più grande che dare. E quale ricchezza vorreste serbare ? Tutto quanto possedete un giorno sarà dato. Perciò date adesso, affinché la stagione dei doni possa essere vostra e non dei vostri eredi. Spesso dite: "Vorrei dare ma solo ai meritevoli". Le piante del vostro frutteto non si esprimono così né le greggi del vostro pascolo. Esse danno per vivere, perché serbare è perire. Chi è degno di ricevere i giorni e le notti, è certo degno di ricevere ogni cosa da voi. Chi merita di bere all'oceano della vita, può riempire la sua coppa al vostro piccolo ruscello. E quale merito sarà grande quanto la fiducia, il coraggio, anzi la carità che sta nel ricevere ? E chi siete voi perché gli uomini vi mostrino il cuore, e tolgano il velo al proprio orgoglio così che possiate vedere il loro nudo valore e la loro imperturbata fierezza ? Siate prima voi stessi degni di essere colui che da e allo stesso tempo uno strumento del dare. Poiché in verità è la vita che da alla vita, mentre voi, che vi stimate donatori, non siete che testimoni. E voi che ricevete - e tutti ricevete - non permettete che il peso della gratitudine imponga un giogo a voi e a chi vi ha dato. Piuttosto i suoi doni siano le ali su cui volerete insieme. Poiché preoccuparsi troppo del debito è dubitare della sua generosità che ha come madre la terra feconda, e Dio come padre.

SUI FIGLI

E una donna che reggeva un bambino al seno disse, Parlaci dei Figli E lui disse: i vostri figli non sono vostri. sono i figli della brama che la Vita ha di se stessa. Essi vengono attraverso di voi ma non da Voi. E sebbene siano con voi non i appartengono. Potete donare loro il vostro amore ma non i vostri pensieri. Poichè hanno pensieri propri Potete dare rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime. Giacchè le loro anime albergano nella casa del domani, che voi non potete visitare neppure in sogno. Potete tentare d'essere come loro , ma non di renderli come voi siete. Giacchè la vita non indietreggia ne s'attara sul passato. Voi siete gli archi dal quali i figli vostri, viventi frecce, sono scoccati innanzi. L'Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell'infinito, e vi tende con la sua potenza affinchè le sue frecce possano andare veloci e lontano Sia Gioioso il vostro tendervi nella mano dell'Arciere; Poichè se ama il dardo sfrecciante, cos' ama l'arco che saldo rimane

SUL MATRIMONIO

Allora Almitra parlò ancora e disse, E il matrimonio maestro? E lui rispose dicendo: Insieme siete nati, e insieme sarete in eterno. Voi sarete insiema anche quando le ali bianche della morte disperderanno i vostri giorni. Sì, voi sarete insieme finanche nella silenziosa memoria di Dio Vi siano spazi però nella vostra unione, Così che i venti celesti possano danzare tra di voi Amatevi l'un l'altro, ma non rendete schiavitu l'amore. Sia pituttosto un mare che si muove tra le rive delle Vostre anime Riempitevi l'un l'altro le coppe ma non bevete da una coppa soltanto Donatevi l'un l'altro il vostro pane ma non mangiate da un medesimo boccone Cantate e danzate insieme e siate lieti ma che ognuno di voi sia solo Come le corde del liuto sono sole sebbene vibrino della medesima musica Donatevi il Cuore senza però affidarvelo l'uno l'altro Poichè solo la mano della vita può contenere i vostri cuori restate l'uno accanto all'altro ma non troppo vicini: Le colonne del tempio s'ergono separate tra di loro E la quercia e il cipresso non crescono l'una nell ombra dell'altro

SULL’AMORE

Allora Almitra disse: parlaci dell'Amore. E lui sollevò la stessa e scrutò il popolo e su di esso calò una grande quiete. E con voce ferma disse: Quando l'amore vi chiama seguitelo Sebbene le sue vie siano difficili ed erte E quando vi avvolge con le sue ali cedetegli Anche se lama nascosta tra le piume potrà ferirvi. Quando vi parla credetegli Sebbene la sua voce possa frantumare i vostri sogni così come il vento del nord arreca scompiglio al giardino Poichè mentre l'amore vi incorona così vi taglia per potarvi Mentre ascende alle vostre altezze e carezza i vostri più teneri rami palpitanti al sole Così penetra fino alle vostre radici scuotendole nel loro abbraccio alla terra Come pannocchie di granoturco vi raccoglie in se Vi batte fino a farvi spogli Vi staccia per liberare i cartocci Vi macina fino al candore V'impasta sinchè siate cedevoli. E poi vi consegna al suo sacro fuoco così che possiate diventare pane sacro per la sacra mensa di Dio Tutto questo provocherà l'amore in voi affinchè possiate conoscere i segreti del vostro cuore e per questo diventare un frammento nel cuore della vita Ma se siete timorosi, nelll'amore cercate soltanto la tranquillità e il suo piacere. Allora meglio per voi che ricopriate le vostre nudità allontanandovi dall'aia dell'amore Nel mondo senza stagioni dove riderete ma non di tutte le vostre risa e piangerete ma non di tutte le vostre lagrime L'amore nulla a se non se stesso e non prende nulla se non da se stesso L'amore non possiede ne vuole essere posseduto;Poichè l'amore basta all'amore Quando amate non dovreste dire "Dio è nel mio cuore" bensì "Io sono nel cuore di Dio" E non pensate di potere dirigere il corso dell amore giacchè se vi trova degni , è l'amore che dirige il vostro corso L'amore non desidera che apapgare se stesso. Ma se amando dovete avere dei desideri, essi siano questi: Sciogliersi ed essere come un ruscello che canta alla notte la sua melodia Conoscere il dolore della troppa tenerezza Ferirsi in comprensione dell 'amore; E sanguinare volentieri e con gioia Risvegliarci all'alba con il cuore alato e ringraziare pre un nuovo giorno d'amore Riposare nell'ora del meriggio e meditare nell'amore l'estasi Grati rincasare alla sera E poi assopirsi con una preghiera per l'amato in cuore e sulle labbra un cantico di lode .

PROLOGO

Almustafa, l'eletto e l'amato, come un'alba verso il suo giorno, aveva atteso dodici anni nella città di Orfalese il ritorno della nave che doveva riportarlo all'isola nativa. E nel dodicesimo anno, il giorno settimo di Iellol mese della mietitura, salì sopra la collina fuori le mura della città e guardò verso il mare, e nella foschia vide la sua nave venire. Allora le porte del suo cuore si spalancarono e la sua gioia volò lontano, al di sopra del mare. E Almustafa chiuse gli occhi e pregò nei silenzi dell'anima.
Ma discendendo dalla collina, una grande tristezza calò su di lui, e così ragionò nel suo cuore: Come andarsene in pace e senza dolore ? No, non senza ferita nell'anima lascerò questa città. lunghi sono stati i giorni di sofferenza consumati tra le sue mura, lunghe le noti di solitudine; e chi può senza rimpianto lasciare il suo dolore e la sua solitudine ? Troppi frammenti dello spirito ho disseminato in queste strade, troppi figli del mio desiderio vanno nudi tra queste colline, e io non posso allontanarmi da loro senza peso e dolore. Non è una veste che oggi io respingo, ma una pelle che strappo con le mie stesse mani. Non è un pensiero che io lascio dietro a me, ma un cuore reso dolce da fame e sete.
Tuttavia più a lungo non posso indugiare. Il mare che pretende ogni cosa mi chiama, e io devo imbarcarmi. poiché se resto, nonostante brucino le ore della notte, io sarò ghiaccio e fossile, costretto in una forma. Vorrei portare con me ogni cosa che è qui. Ma come potrò ? Una voce non può portare con se la lingua e le labbra che le hanno dato le ali. Sola dovrà approdare al cielo.
E sola e senza nido l'aquila volerà attraverso il sole. Giunto ai piedi della collina, nuovamente guardò verso il mare e vide la sua nave avvicinarsi al porto e sulla prua i marinai, gli uomini della sua terra. E la sua anima gridò loro: Figli della mia antica madre, cavalieri delle onde, quante volte avete veleggiato nei miei sogni. E adesso approdate al mio risveglio, che è il mio sogno più profondo. Sono pronto a partire, e a vele spiegate il mo desiderio aspetta il vento. Ancora una volta respirerò quest'aria calma e ancora una volta volgerò indietro il mio sguardo d'amore. E allora sarò tra voi, navigante tra i naviganti. E tu, vasto mare, materno e insonne, Unica pace e libertà per il torrente e il fiume, In questa piana la corrente traccerà solo un'altra svolta, avrà solo un altro mormorio. E allora io verrò a te, goccia infinita in sconfinato oceano.
E camminando vide di lontano uomini e donne lasciare campi e vigneti e accorrere alle porte della città. E udì le loro voci pronunciare il suo nome e gridare da campo a campo annunziandosi l'un l'altra l'arrivo della sua nave. E lui si disse: Il giorno della separazione sarà forse giorno di convegno ? E questa mia vigilia, in verità, sarà detta la mia aurora ? E cosa offrirò a chi ha lasciato l'aratro a metà solco o ha fermato la ruota del suo torchio ? Sarà il mio cuore l'albero pesante di frutti che donerò loro ? E sgorgheranno come fonte i miei desideri affinché ne siano colme le loro coppe ? Sono forse io quale arpa sfiorata dalla mano del potente , o un flauto che il suo soffio attraversa ? Io sono un esploratore di silenzi, e quali tesori scoperti nei silenzi potrò dispensare con fiducia ? Se questo è il mio giorno delle messi, in quali campi ho sparso il seme e in quali stagioni dimenticate ? Se veramente questo è il giorno in cui leverò alta la mia lanterna, non è mia la fiamma che qui brucerà. Buia e vuota alzerò la mia lanterna. E a riempirla d'olio, così come ad accenderla, sarà il guardiano della notte.
Questi pensieri lui tradusse in parole. Ma molto restò nel suo cuore di non detto. Poiché lui stesso era incapace di esprimere il suo segreto più profondo.
E quando entrò nella città tutto il popolo gli venne incontro e lo acclamò con una voce sola. E gli anziani della città si fecero avanti e dissero: Non lasciarci ancora. Sei stato un meriggio nel nostro crepuscolo e la tua giovinezza ci ha donato visioni di sogno. Non sei ospite tra noi, non straniero, ma il figlio nostro prediletto. Non tollerare che ai nostri occhi manchi il nutrimento del tuo volto.
E i sacerdoti e le sacerdotesse gli dissero: Non adesso ci separino le onde del mare e non diventino ricordo gli anni che hai trascorso tra noi. Come spirito hai camminato in mezzo a noi e la tua ombra è stata luce per i nosti volti. Molto ti abbiamo amato. Ma senza parole, nascosto, fu il nostro amore. Ora esso grida e a te vorrebbe rivelarsi. Poiché sempre l'amore ignora la sua profondità fino all'ora del distacco.
E altri vennero a supplicarlo.
Ma lui non rispose. Chinò soltanto la testa, e chi gli era vicino vide le lacrime cadergli sul petto. E con il popolo avanzò sulla grande piazza, davanti al tempio. E dal santuario uscì una donna di nome Almitra. Ed era un'indovina.
E lui la fissò con estrema tenerezza perché per prima lo aveva cercato, e aveva creduto in lui dal giorno del suo arrivo in quella città. E lei lo salutò dicendo: Profeta di Dio, che cerchi l'assoluto, a lungo hai spiato l'orizzonte per scorgere la tua nave. E ora la tua nave è giunta e tu devi andare. Profonda è in te la nostalgia per la terra dei tuoi ricordi e per la dimora delle tue grandi speranze; e neppure il nostro amore potrà trattenerti né la nostra necessità. Ma prima di lasciarci noi ti chiediamo: parlaci e dona a noi la tua verità. Noi la doneremo ai nostri figli, questi a loro figli, ed essa non perirà. In solitudine hai vegliato sui nostri giorni, e vigile hai udito il pianto e il riso del nostro sonno.
E allora dischiudici a noi stessi e a noi rivela ciò che sai su quanto passa tra la nascita e la morte.
E lui rispose: Popolo di Orfalese, di che cosa posso parlare se non di ciò che anche ora si agita nel vostro cuore?

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